Itinerari
Camminando piano, per le strette vie di Cerveno, puoi immaginare d’essere in compagnia di Beniamino Simoni, l’artista che vi lavorò per circa undici anni e per undici stazioni o “cappelle”, le quali costituiscono l’opera più significativa e compiuta che egli ci abbia lasciato.
Durante la sua permanenza a Cerveno (fino al 1763) il Simoni, come da testimonianza scritta, ebbe un trattamento in denaro, viveri e rifornimenti tali da permettergli un tenore di vita sicuramente migliore di quello della maggior parte dei suoi abitanti; poteva quindi permettersi tra un intaglio e l’altro, di passeggiare per le vie del paese, salutato ed ammirato da tutti e con tutto il rispetto che meritava.
Molti sono i luoghi con fascino medioevale: trovi arcate, involti, portali in pietra grezza o lavorata con una certa raffinatezza, originali loggiati in legno finemente intagliato, finestrelle con inferriate, affreschi un po’ rovinati dal tempo, muri a secco con pilastri coperti d’edera verde.
Alcune case sono state restaurate, mi pare con notevole gusto e rispetto per le loro caratteristiche storiche.
Le indicazioni delle vie sono state dipinte a mano in riquadri bordati di nero o con greche floreali ed è ben riuscita anche l’illuminazione a lampioni, che aggiungono fascino misterioso alle notti del paese.
Ora è tempo di visitare le famose “cappelle”. Molto è stato detto e da critici d’arte famosi, sulle 198 statue, scolpite in legno, ricoperte di stucco e dipinte, che costarono una fortuna ai poveri abitanti di Cerveno.
Di certo non si esce dal santuario senza aver provato forti emozioni sia spirituali che artistiche. Il Cristo è al centro d’ogni stazione: il suo volto è del tutto spirituale, lontano, quasi non fosse partecipe della violenza e della ferocia che si scatenano tutt’intorno.
È come se accettasse ciò che inevitabilmente gli deve succedere. Il suo corpo, di contrasto, è forte e giovane, richiama la vita non la morte. I volti delle donne sono di pena sgomenta, d’angoscia intima e profonda, con urla nella gola.
Le facce dei carnefici e dei soldati romani esprimono crudeltà e rancore: l’atteggiamento dei loro corpi si adegua perfettamente ai sentimenti espressi dal loro viso.
Ma occorre capire da soli perché i sentimenti e le emozioni cambiano secondo il tuo stato d’animo. È difficile in questo caso mantenersi equilibrati nel giudizio estetico.
Per tranquillizzarmi io devo fermarmi a lungo nell’adiacente parrocchiale di S. Martino ad osservare le sculture di Andrea Fantoni, più calme, più delicate, che esprimono tutta la finezza e la grazia del delicato barocco lombardo: il magnifico tabernacolo, i paliotti dei due altari laterali, la statua della Madonna, schiva e sdegnosa, come allora le fanciulle della Valle, il Cristo deposto con stupende mani abbandonate, le più dolci e delicate che si possano immaginare.
Non dimenticate di percorrere la stradina alta sopra il paese: il torrente Re scende formando cascatelle in un bosco fitto di latifoglie.